Re: Qualcuno che conoscevo - romanzo di Francesca Mautino
Reiventarsi: si può, sempre.
Bello, scorrevole, originale: si legge in un soffio
Reiventarsi: si può, sempre.
Bello, scorrevole, originale: si legge in un soffio
Dovrebbe essere letto da tutti. Per conoscere, capire e reagire ad una corrente sempre più dilagante di questi tempi.
Un manga sentimentale dai toni scanzonati e dal tratto accattivante, lettura piacevole che grazie ad una struttura asciutta con capitoli brevi, aneddoti comici e riflessioni più serie ti raggiunge il cuore.
Libro scritto molto bene, si lascia leggere fluidamente, le vite degli eroi e le loro vicende sono narrate in una chiave semplice e direi anche moderna, per nulla pesante. Non conoscevo l' autore ma ho iniziato ad apprezzarlo dopo aver letto un altro libro. Consigliato
«…Non vedo alcuna ragione per cui a un paese dovrebbe essere permesso di diventare marxista perché il suo popolo è irresponsabile. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli.» (H. Kissinger)
Con questa citazione del 1970 attribuita a Henry Kissinger, allora vice presidente Usa dell’amministrazione Nixon, prende l’avvio il bel libro dell’insegnante di lettere nata e cresciuta a Chiari Romana Massetti, intitolato “Come pietra” (Argento Vivo, 2024) e ambientato tra Brescia e il Cile. Già dall’incipit è chiaro che il romanzo, opera di finzione letteraria, attinge a piene mani alla Storia, evidenziando le pesanti ingerenze statunitensi nella politica cilena degli anni Settanta del secolo scorso. Il romanzo d’esordio di Romana Massetti (laureatasi in storia all’Università degli Studi di Milano con una tesi proprio su Salvador Allende) ci aiuta a calarci nei fatti storici del Cile durante il golpe.
Ambientato dunque nel triste autunno del ‘73, il libro narra di un Paese consapevole e pronto all’imminente tragedia. Le notizie di un intervento militare si susseguono, la resistenza è all’erta e la stampa internazionale invia osservatori. Sandro Pietra è uno di questi. Giornalista, antifascista, corrispondente di una prestigiosa testata italiana, si trova a Santiago a documentare la crisi, a tessere relazioni e a raccogliere documentazione. Nel famigerato 11 settembre nulla è possibile contro la ferocia dei militari e la potenza dei blindati. Sin da subito Pietra entra nel mirino dei militari sia per gli articoli che invia in Italia, sia per i suoi rapporti con gli ambienti della resistenza. Il suo caro amico e collega cileno viene prelevato nella redazione di un giornale di sinistra e scompare. Le sue ricerche portano Pietra a scoprire cosa avviene all’interno dell’Estadio Nacional, le torture, le fosse comuni.
Trovate qui la recensione completa di Brescia si legge: https://www.bresciasilegge.it/come-pietra-romana-massetti/
Una piacevole lettura!
Un piccolo gioiello tratto dalla penna di Moacyr Scliar, scrittore brasiliano con forte tradizione ebrea. Racconta la storia di Max e del suo rapporto con i felini. Ma racconta anche la fuga dal Nazismo, un naufragio, la nuova vita in una terra fantastica e magica (realismo magico sudamericano, presente!), i tormenti del passato che torna per una definitiva resa dei conti e, alla fine, la serenita'. Interessante come Max riesca a "chiudere i conti" con la tragedia del passato, soprattutto alla luce degli ultimi eventi geo-politici. Ah! Si legge su piu' livelli: dalla fiaba, al pamphlet geopolitico, alla novella.
RECENSIONE CORALE A CURA DE "I MISERALIBRI – GRUPPO DI LETTURA BIBLIOTECA DI CHIARI"
"L'amore graffia il mondo" di Ugo Riccarelli si è rivelata essere un’opera piuttosto divisiva, che ha suscitato pareri più negativi che positivi. Il romanzo ha un gusto DOLCEAMARO e attraversa le vicende di Signorina, una protagonista che incarna il sacrificio femminile nell’Italia del ventesimo secolo. È “amaro” per il periodo storico trattato – il Fascismo, la Seconda guerra mondiale, la fatica della ripresa – e per la donna rigidamente confinata in un sistema patriarcale; è “dolce” per il carattere mite, garbato ed elegante della protagonista: forte quando necessario ma poco determinata (neanche troppo per colpa sua) nel perseguire i propri sogni.
La narrazione risulta a tratti IDEALIZZATA, con alcuni elementi che appaiono forzati: la protagonista eccelle nella sartoria (grazie a un omino misterioso e ambiguo che la incanala attraverso i vestitini di carta per le sue bambole) e suo figlio nella musica, due aspetti volti quasi a compensare le limitazioni imposte dal contesto sociale. Questo approccio può sembrare riduttivo, specialmente quando si relega l’arte della sartoria - prettamente femminile - a una dimensione “minore”, trasmettendo l’idea che ogni persona dovrebbe invece avere la libertà di sperimentare indipendentemente dalle proprie qualità innate.
Emerge con forza un senso di INSODDISFAZIONE che permea l’intera storia: Signorina non sembra mai raggiungere una vera felicità, intrappolata com’è tra le aspettative sociali e i sacrifici personali. Questo aspetto del romanzo appare LACERANTE nella sua cruda realtà, poiché rappresenta una vita di dedizione che non trova ricompensa nemmeno nel finale.
Alcuni lettori hanno trovato la struttura narrativa ORDINARIA, con personaggi poco caratterizzati e una trama che potrebbe risultare piatta. Il romanzo descrive l’ordinarietà della vita quotidiana, dove ciò che guida le scelte della protagonista non è tanto l’amore quanto il senso del dovere, riflettendo una prospettiva un po’ maschilista che risulta quasi frustrante se analizzata con una mente contemporanea.
Il romanzo possiede tuttavia una dimensione JUNGHIANA interessante: per Jung, il senso della vita non è diventare perfetti ma completi, e ciascuno possiede un proprio “demone” che deve scoprire per realizzarsi pienamente. E Signorina, nel suo atteggiamento di mettere davanti sempre il prossimo, sembra rinunciare a questo “demone” interiore con la conseguenza di vivere una vita incompleta e poco felice.
C’è anche qualcosa di profondamente NOSTALGICO in questa narrazione, che porta a chiedersi: amare incondizionatamente è davvero un modo per realizzarsi? La felicità arriva solo attraverso l’amore sacrificale? Molti, leggendo il libro, hanno sentito il desiderio di scuotere Signorina, di spingerla a perseguire i suoi desideri con maggiore determinazione, di farla diventare come la donna raffigurata in copertina con lo sguardo speranzoso volto lontano.
Nonostante la vicenda sia APPASSIONANTE, il ruolo della donna appare poco convincente, forse perché raccontato da una prospettiva maschile. Il legame tra la Storia con la S maiuscola e la storia personale della protagonista rende evidente come le scelte individuali siano pesantemente condizionate dal contesto sociale e storico.
Per alcuni, l’opera è risultata DELUDENTE non tanto per la qualità letteraria, ma per il destino della protagonista: una vita di sacrifici - inserita in una storia triste - che non trova un lieto fine. Risulta doloroso pensare che questa fosse la realtà per molte donne del passato, e che per alcune (purtroppo) lo sia ancora oggi.
La struttura narrativa del romanzo può essere definita un PATCHWORK, con salti temporali che intrecciano passato e presente, collegando eventi e personaggi in maniera non lineare. Questi legami ricordano i punti di sutura tra le varie “patch” di una coperta, uniti da fili di ricordi e memorie. Un po’ sulla scia dell’amore per la sartoria di Signorina. La scrittura è apprezzabile, anche se la predominanza di descrizioni e riflessioni a discapito dei dialoghi può risultare a tratti pesante.
Per qualcuno, l’opera è apparsa INUTILE nella sua rappresentazione scontata della storia femminile, arrivando addirittura ad apprezzare di più i personaggi animali di Milio e Armida. Per altri, invece, il romanzo offre una riflessione profonda sul costo emotivo delle aspettative sociali, simboleggiato dal cedimento prima nervoso e poi cardiaco della protagonista; quel cuore letteralmente graffiato dall’amore che dà il titolo all’opera e che, per certi versi, ricorda il quadro “Le due Frida” di Frida Kahlo.
"L’amore graffia il mondo" prova a rappresentare la condizione femminile nel contesto storico italiano, ma poi lascia al lettore il compito di interrogarsi sul valore del sacrificio e sulla ricerca dell’autodeterminazione. È un’opera che, pur nelle sue contraddizioni, stimola una riflessione profonda sui ruoli di genere e sul prezzo dell’abnegazione.
«Adesso si trovava lì, coinvolto in qualche cosa di ignoto e di imprevedibile, per realizzare qualcosa, non sapeva bene di quale contenuto, che probabilmente non corrispondeva minimamente ai suoi pensieri e alle sue aspirazioni. Tutto questo, per la stupida idea di continuare ad avere un ruolo nell’ambiente sociale di cui faceva parte, che non lo costringesse a sputarsi addosso quando si guardava allo specchio.»
(Roberto Di Martino, “La strage di Piazzale delle Pannocchie”, p. 76)
Provincia di Brescia, primi anni 70. Goffredo è un diciottenne riservato e insicuro che, più che altro per potersi sentire parte di un collettivo, nel tempo libero frequenta un gruppo di coetanei di estrema destra. Sono i tumultuosi anni dei terrorismi politici, delle bombe e dei sequestri, in cui anche solo intrattenersi con dei giovani che sbandierano slogan neofascisti e si limitano a fare a botte coi rossi può avere gravi conseguenze. Anche per uno come Goffredo, che nonostante le sue frequentazioni si dichiara fermamente contrario a qualsiasi forma di violenza. Qualcuno che nella gerarchia dell’eversione nera sta molto più in alto del suo gruppuscolo di amici ha infatti messo gli occhi su di lui, convinto che la sua indole remissiva lo renda l’individuo perfetto a cui affidare un’atroce missione. Goffredo si ritroverà quindi presto invischiato in una trama ben più grande di lui, che stravolgerà per sempre la sua pacata esistenza e lo porterà a macchiarsi di un delitto terribile.
Con il romanzo “La strage di Piazzale delle Pannocchie” (LuoghInteriori, 2024), lo scrittore e magistrato Roberto Di Martino, ligure per nascita e bresciano d’adozione, ricostruisce, attraverso la coinvolgente vicenda del suo giovane protagonista, un verosimile attentato di matrice neofascista nel Nord Italia degli anni settanta. In ogni pagina, l’autore trasfonde la sua profonda conoscenza dei metodi e dell’organizzazione dell’eversione nera, maturata seguendo diversi processi per terrorismo, in particolare quello per la strage di piazza Loggia a Brescia del 28 maggio 1974.
Il suo è un libro duro e potente, confezionato con una scrittura asciutta che, restituendo le atmosfere dell’Italia degli anni di piombo, ripercorre un tragico capitolo del passato del nostro paese e fornisce al contempo importanti spunti di riflessione per leggere le ombre del presente.
La recensione completa la trovate qui: https://www.bresciasilegge.it/roberto-di-martino-piazzale-delle-pannocchie/
E' da un anno ormai che non mi è più posibile rinnovare il prestito di un altro mese di un libro (mi dice "Non disponibile"). Devo tutte le volte andare nella mia biblioteca e da li me lo posso fare e mi dicono che è strano! chiedo di verificare questo problema!
Il titolo non deve trarre in inganno. È una carina graphic novel, indicata per ragazzi, in cui l’autrice, Takoua, racconta per immagini la sua difficile crescita di figlia di immigrati, tra sguardi diffidenti e incomprensioni. La sua adolescenza problematica incontra quella del compagno Marco che per altri versi è anch’esso un “invisibile”, un diverso. Ma quello che inizialmente era il suo più arcigno oppositore sarà colui che le tenderà una mano, riuscendo insieme a superare e ad andare oltre i luoghi comuni che li avevano separati. Il dialogo, la convivenza e l’amicizia sono in grado di superare qualsiasi confine.
Il testo e' noioso e ridondante. L'autore non e' in grado di gestire i personaggi che sono piu' delle macchiette che dei personaggi veri e propri, con sfumature e ombre e luci. Il risultato e' un minestrone cucinato male in cui non si riconosce nessuno. C'e' una Milano un po' sopra le righe, quella che piace raccontare e raccontarci sui social. Ci sono lunghe digressioni spesso inutili. E qualche volta uno sfoggio di sapere inutile e un po' esasperato. manca un editor che riesca a rendere il tutto coeso e godibile.
Assolutamente terribile. Credo sia il peggior libro che io abbia mai letto. Totalmente incomprensibile, sembra farneticante, pieno di volgarità, scritto con freddezza glaciale.
Terribilmente noioso e ripetitivo. Sono arrivata alla fine solo per capire a cosa volesse portare tutto questo delirio... non ne valeva la pena, facevo decisamente meglio ad accantonarlo dopo le prime dieci pagine orribili.
Una carrellata di personaggi piu' o meno noti dagli anni '70/80 fino al 2023 intrecciano le loro storie a quelle private di Curzio Maltese, a lungo firma d "La Stampa" e "La Repubblica" . Maltese non ci risparmia ne' le sue difficolta' personali (il prepensionamento non e' stato un sogno, ma un incubo), ne' i dettagli della sua malattia (operato al cervello ha perso anche l'uso della parola e ha dovuto faticare per recuperarla), ma quell che esce dalle sue pagine e' un inno alla vita e alle persone che ci circondano. E forse, in una pagina c'e' anche il senso della vita e, per un memoir, non e' poco.
Consigliato!