Abstract: Ursula Le Guin è un caso abbastanza raro nella storia della letteratura. Scrittrice di successo commerciale, associata a un genere spesso giudicato d'evasione come la fantascienza, rappresenta allo stesso tempo una figura di intellettuale anticonformista e radicale, capace di infondere nei mondi fantastici che crea sulla carta tutta la sensibilità pacifista, ambientalista e femminista che le proviene dall'interrogarsi criticamente sulla realtà. Questo volume raccoglie saggi, interventi e discorsi pubblici in cui l'autrice della Mano sinistra del buio e della Saga di Terramare riflette sul proprio mestiere di scrittrice e sul mondo, invitando la letteratura a sfidare l'esistente con l'immaginazione. Si chiede se davvero il modello di società maschile e competitiva in cui viviamo è l'unico che sappiamo concepire. Contesta l'ideologia del progresso tecnico che ossessiona l'Occidente, valorizzando esperienze di vita diverse e più attente all'equilibrio con la natura come quelle dei nativi americani. Denuncia il linguaggio del potere, la «lingua degli uomini» a cui contrappone una «lingua delle donne» alternativa, che possa ispirare valori di nonviolenza, uguaglianza, parità di genere. Affronta il tabù della menopausa e tesse l'elogio della vecchiaia. Dissente da Tolstoj e riparte da Virginia Woolf. Tra dimensione letteraria e dimensione politica, tra ironia, citazioni e invettive, I sogni si spiegano da soli ci rivela lo sguardo sul mondo, lucido e appassionato, di una grande scrittrice da riscoprire.
Titel und Beiträge: I sogni si spiegano da soli : immaginazione, utopia, femminismo / di Ursula K. Le Guin ; a cura di Veronica Raimo
Veröffentlichung: SUR, 2022
Physische Beschreibung: 245 p. ; 22 cm
EAN-Code: 9788869983061
Datum:2022
Sprache: Italian (Sprache des Texts, Filmmusik, usw.)
Land: Italy
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Bibliothek | Stellung | Inventar | Zustand | Verfügbarkeit | Rückkehr |
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Non ho mai letto nulla di Ursula K. Le Guin perché non sono mai stata molto appassionata di fantascienza. Ciò nonostante, avevo ben presente il suo nome in quanto femminista e considerata all'avanguardia, anzi, futuristica, proiettata nel futuro. Perciò, quando ho trovato questa raccolta di suoi saggi e discorsi, scritti nell'arco di quasi mezzo secolo, non sono riuscita a trattenermi dall'acquistarla e leggerla.
Ho scoperto così una bambina che leggeva “qualsiasi cosa avessi sottomano, il che non aveva limiti. Avevo una casa piena di libri e un'ottima biblioteca pubblica” (pag. 36) e che, crescendo, non ha mai smesso di essere una studiosa, perché è questo che “significa praticare un'arte: continuare a cercare la soglia più estrema. Quando la trovi, realizzi qualcosa di solido, reale, bellissimo; al di sotto di questo, qualsiasi risultato è incompleto” (pag. 38). Anzi, dirò di più: Ursula K. Le Guin è una scienziata perché afferma che nei suoi romanzi parte da un'ipotesi, fa delle assunzioni e poi esplora come evolve la situazione, applicando un metodo (fanta-)scientifico, ignorando coloro che pensavano che avrebbe abbandonato la fantascienza per una “narrativa più istituzionale” (pag. 40) e, soprattutto, controllando e verificando i propri risultati per potersi anche correggere, se necessario.
Ursula K. Le Guin sembra infatti un'autrice molto umile e con i piedi per terra, che ritorna sui suoi testi per correggersi, criticarsi e smentirsi a distanza di anni. Ne “Il genere è necessario? Versione aggiornata” ragiona su varie questioni, appunto, di genere, lasciando delle note a integrazione della versione precedente che aveva scritto in passato. In varie parti della raccolta riflette sulle lingue “padre” e “madre” legate al concetto di potere; ammette di aver riconosciuto le disuguaglianze di genere non immediatamente, perché non ne ha fatto fortunatamente troppa esperienza, ma comunque non le nega, anzi: il femminismo è ben presente nella sua educazione, etica e comportamento, al punto tale che è stato il femminismo a darle “la forza di criticare non solo la mia società e me stessa ma anche il femminismo stesso” (pag. 187). Augura alle donne di “fare il vostro lavoro, quello in cui siete brave – arte, scienza, tecnologia, dirigere un'azienda, spazzare sotto i letti – e quando vi diranno che è un lavoro di serie B perché è una donna a farlo, spero che gli rispondiate di andare a quel paese e che, mentre ci vanno, vi diano pari salario a parità di tempo lavorativo. Vi auguro di vivere senza il bisogno di dominare, e senza il bisogno di essere dominate” (pag. 109-110). Soprattutto, augura alle donne di disimparare, di riconoscere le convenzioni e le imposizioni della società e capire da quali scatenarsi; di non trarre forza dagli uomini bensì di autorealizzarsi. Ho ritrovato il pensiero e le parole delle altre “disinsegnanti, le disconquistatrici, le disguerriere, donne che hanno offerto la loro esperienza come loro verità, prendendosene il rischio e pagandolo a caro prezzo” per non lodare le donne famose (pag. 118) ma dare voce a quelle comuni, senza per forza finire a schierarsi contro l'altro genere, perché ci sono “uomini che riescono a parlare, a conversare con voi, senza cercare di parlare con la donna fantoccio che dice sempre sì, gli uomini che accettano la vostra esperienza perché è valida: quando trovate un uomo simile, amatelo, onoratelo! Ma non ubbiditegli. Penso che non esista un diritto all'obbedienza. Credo che abbiamo invece una responsabilità verso la libertà” (pag. 129). Uomini e donne possono collaborare e parlare insieme nella lingua che preferiscono per l'obiettivo comune di essere persone libere, per sostenersi a vicenda, ponendo alla base del matrimonio (o di qualsiasi altra forma di unione, integrerei) una “mutua assistenza” (pag. 185).
E' la perfetta prosecuzione del “matrimonio dei contrari” definito da Woolf in “Una stanza tutta per sé”, stanza che tuttavia viene abbandonata: Le Guin esce, prende una canna da pesca offerta da Woolf stessa e fa affiorare un'idea migliore: “L'unica cosa che deve avere una scrittrice è una matita e un po' di carta. Non serve altro, se la scrittrice in questione è consapevole che lei – e lei soltanto – è padrona di quella matita, e che lei – è lei soltanto – è responsabile di ciò che scrive sul foglio. Se, in altre parole, è consapevole di essere libera. Non completamente libera. Mai completamente libera. Forse solo in minima parte libera. Forse solo in questo atto, in questo quadro, forse solo in questo momento rubato in cui è una donna che scrive, pescando nel lago della mente. Ma almeno qui deve essere responsabile, almeno qui deve essere autonoma, almeno qui deve essere libera” (pag. 191). Che meraviglia: autorealizzazione intrecciata a consapevolezza di sé e del mondo esterno; libertà realistica e non utopica, che considera i vincoli del quotidiano e non idealizza; e la responsabilità di ciò che si dice, ciò che si immagina, ciò che si scrive.
Ursula K. Le Guin risulta così concreta, onesta. In un'altra parola: bella. Bella di quella “bellezza ideale che è più difficile da definire o da capire, perché non ha luogo solo nel corpo ma anche dove corpo e spirito si incontrano e si definiscono a vicenda” (pag. 213). So che tornerò alle sue parole e che le rileggerò per revisionare la mia comprensione delle sue affermazioni, per ritrovarmi d'accordo o anche contraria in base a cosa sarà successo in futuro. Ciò che non cambierà sarà la convinzione di avere cominciato l'anno nuovo con un ottimo libro che mi ha permesso di riprendere – anche se penso di avere mai smesso, del resto – a riflettere sulla questione femminista partendo dalla letteratura (che era stato proprio il tema della mia tesina di maturità nell'ormai lontano 2010).
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