Alle 10 e 12 del 28 maggio 1974, in piazza della Loggia a Brescia, un ordigno, fatto esplodere in un cestino dei rifiuti, provoca otto morti e circa cento feriti, durante una manifestazione indetta da organizzazioni sindacali e antifasciste per protestare contro una serie di attentati avvenuti nelle settimane precedenti.
Le indagini sono state lunghe e complesse. La paternità della strage viene rivendicata da Ordine nero e da Anno zero-Ordine nuovo.
Il giorno prima del fatto, un messaggio proveniente da Ordine nero-Gruppo Anno zero-Briexien Gau e diretto a quotidiani di Brescia preannuncia attentati contro esercizi pubblici e ricorda la morte del bresciano Silvio Ferrari – avvenuta qualche giorno prima a seguito dello scoppio di una bomba trasportata sulla sua Vespa – già militante in formazioni neofasciste. La sua morte desta a Brescia indignazione, confermando l’opinione che gli attentati e le aggressioni ripetutesi in quegli stessi giorni nelle scuole e contro sedi «di partiti della sinistra e di organizzazioni sindacali» avevano posto la città al centro di una «manovra eversiva» diretta a contrastare mutamenti sociali in senso progressista. Per questi motivi viene indetta la manifestazione del 28 maggio conclusasi poi con la sanguinosa strage.
Sono stati celebrati tre processi. L’ultimo, terminato nel 2017, ha condannato per strage il dirigente di Ordine Nuovo Carlo Maria Maggi, come organizzatore dell’eccidio, e il militante (e informatore del Sid) Maurizio Tramonte, per concorso. Non sono stati identificati gli esecutori materiali e non c’è stata nessuna condanna per i depistaggi, pur ricostruiti.
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