Lo studio degli animali nel Terzo Reich non deve essere considerato una balzana amenità, ma uno specchio importante della quotidianità e dell'ideologia nazionalsocialista.
Ogni capitolo di questo saggio avvincente e ottimamente documentato analizza la figura di un animale, offrendoci osservazioni di grande interesse e originalità.
Partiamo dalla passione di Hitler per i cani (i pastori tedeschi in particolare) e per il loro progenitore, il lupo, animale totemico per eccellenza, simbolo di quel mondo teutonico primigenio e selvaggio che i nazisti volevano ricreare.
Hitler firmava lettere private con il nome "Wolf".
Il maiale, dal canto suo, bello lardoso, non selezionato per avere la carne magra come quello inglese, è l'animale attraverso il quale il Regime desidera ardentemente raggiungere l'ideale dell'autarchia alimentare. Per sostenerne l'allevamento, si diffonderà massicciamente la cultura dei campi di patate ed una sorta di (forzato) "riciclo dell'organico" ante litteram.
Il progetto dell'autarchia tramite i maiali fallirà clamorosamente.
Il gatto, nonostante alcuni gerarchi gattofili e l' evidente utilità del felino nell'eliminazione dei topi, viene perlopiù considerato come "bestia ebraica", sfuggente e inaffidabile. Via libera alla sua eliminazione.
Persino il baco da seta (il cui pregiato prodotto finale serviva per realizzare i paracaduti) e le dorifore delle patate vengono utilizzati dal Regime per addestrare i giovani alla guerra e al combattimento, nonché per inculcare nei bambini l'utile idea di "parassita".
Nel saggio si parla poi di cervi, la preda preferita di quel patologico collezionista di trofei che era Göring, il quale non esitó minimamente a far bruciare interi villaggi polacchi e a farne uccidere gli abitanti, al solo fine di poter estendere la sua riserva di caccia.
Pare che, alla notizia dell'avanzata russa sul fronte orientale alla fine della guerra, il suo primo commento fosse: "Oh, i miei poveri cervi..." (inteso non in senso affettivo, ma semplicemente come rammarico per la perdita dell'oggetto delle sue battute di caccia).
Un capitolo a sé, infine, è dedicato ai preziosissimo cavallo, vero compagno di vita in tempo di guerra, unico animale erbivoro ad essere venerato fra tutti quei predatori così cari all'ideologia nazista, da aver battezzato anche i propri carri armati con i loro nomi ("Tiger", "Leopard").
Il saggio è bellissimo e molto scorrevole: lo consiglio vivamente.