Guide per una città che cambia a cura di Ennio Ferraglio
La “narrazione” del patrimonio cittadino
C’è una sorta di “preistoria” nel filone letterario ed editoriale delle guide della città di Brescia, ed è rappresentata da alcuni tentativi, tra Sei e Settecento, di descrizione sintetica dei monumenti o, meglio, delle testimonianze artistiche interessanti per il visitatore forestiero di passaggio in città. Si tratta di due casi importanti, e in qualche modo unici: il primo, il Catalogo delle chiese riverite in Brescia et delle pitture et scolture memorabili che si vedono in esse in questi tempi ovvero nel lasso di tempo tra il 1630 e il 1669, opera di Bernardino Faino; il secondo, Il Giardino della pittura di Francesco Paglia, dalla complessa redazione avvenuta tra il 1675 e il 1708. Opere entrambe rimaste manoscritte (ad eccezione di una parte del Paglia) ed edite integralmente solo negli anni ‘60 del XX secolo, in quanto, seppur con prospettive diverse, considerate come testimonianze significative del gusto antiquario dell’epoca in cui vennero composte.
La prima guida di Brescia ad avere avuto un esito a stampa - quindi destinata ad un pubblico più ampio e generalizzato, rispetto ai precedenti tentativi del Faino e del Paglia - è riconoscibile ne Le scelte pitture di Brescia additate al forestiere di Giulio Antonio Averoldi, pubblicata nell’anno 1700. Opera erudita e pienamente inserita nell’alveo di una tradizione storica “narrativa”, tipicamente secentesca, la guida dell’Averoldi ruota attorno alla descrizione, dettagliata e competente, delle opere pittoriche conservate nelle chiese cittadine e nelle principali collezioni private.
Nel corso del XVIII secolo, ed in particolare nei decenni centrali corrispondenti all’episcopato di Angelo Maria Querini, Brescia esercita sui visitatori una forte attrattiva culturale. L’insistenza, nelle guide coeve, sul patrimonio pittorico, avvicina, con tutta evidenza, l’interesse conoscitivo ed erudito al collezionismo d’arte. In quest’ottica, sul patrimonio pittorico insiste particolarmente anche Francesco Maccarinelli, autore de Le glorie di Brescia raccolte dalle pitture che nelle sue chiese, oratorii, palazzi ed altri luoghi pubblici sono esposte, in due redazioni, rispettivamente del 1747 e 1751, rimaste anch’esse manoscritte ed edite solamente nel 1959.
L’unica guida settecentesca uscita a stampa è quella di Giovan Battista Carboni, dal titolo Le pitture e sculture di Brescia che sono esposte al pubblico con un’appendice di alcune private gallerie, del 1760. Il testo è, secondo la tradizione dell’epoca, focalizzato sulla descrizione dei dipinti e, in misura minore, delle sculture, sia nelle chiese che nelle raccolte private; pressoché trascurata l’architettura della città. Le finalità pratiche, già sottolineate dall’autore, e la funzionalità delle informazioni, prive del tradizionale impianto letterario, ne fanno uno dei primi esempi di guida “turistica” moderna
Indicazioni per il «colto forestiere»
Il tramonto del secolo dei Lumi vede anche il tramonto dell’idea, tanto amata lungo tutto l’Ancien Régime, del viaggio come momento irrinunciabile di arricchimento culturale, nonché di formazione e consolidamento di reti sociali ed intellettuali. L’affermazione della classe borghese e la nuova esigenza determinata dal viaggio per svago, o ricreativo, comporta una ridefinizione degli strumenti di ausilio del viaggio stesso. Vengono, così, banditi sia i ponderosi volumi sulla storia antica dei luoghi, sia i diari di viaggio scritti dagli eruditi impegnati nel grand tour lungo tutto il secolo dei Lumi. Nelle mani dei viaggiatori cominciano a comparire le guide intese nel senso moderno del significato: agili strumenti con informazioni utili e pratiche su itinerari e monumenti e, come corredo, solo qualche nota storica di contorno.
Paolo Brognoli, autore della Nuova guida per la città di Brescia, pubblicata nel 1826, si rivolge al «colto forestiere» con l’intento di fornire uno strumento per sopperire agli sconvolgimenti degli «ultimi giorni di confusione, nei quali soppressione d’ordini religiosi, annichilamento d’illustri famiglie, deformazione di tempi, cause tutte dello smembramento delle cose belle di Brescia» (p. 5), in parte salvate da eruditi collezionisti, ma in parte ricollocate in sedi che rendono necessaria «una guida al nuovo loro collocamento». La Nuova guida uscì nello stesso anno in cui venne scoperta, in un anfratto del Capitolium, la statua della Vittoria alata, sinteticamente descritta come «una statua muliebre, che sembra figurare una vittoria, e si reputa opera singolare e de’ più felici tempi della Grecia» (p. 17). Ma l’opera del Brognoli non si limita alle funzioni di guida, bensì, con piglio da polemista erudito, si sofferma a deplorare il cattivo stato di conservazione di molti monumenti e, soprattutto, a commentare la poco felice resa estetica di alcune soluzioni artistiche e architettoniche; celebre, a questo proposito, il giudizio sull’attico progettato dal Vanvitelli a coronamento della Loggia: «L’occhio non può innalzarsi a quell’attica aggiuntavi, senza riconoscerla una profanazione degna di subitaneo precipizio» (p. 59).
A breve distanza di tempo dall’opera del Brognoli venne stampato, diversissimo per impostazione e sguardo, nel 1834, il volume con le Pitture ed altri oggetti di belle arti di Brescia, opera di Alessandro Sala. Illuminante la dichiarazione iniziale dell’autore: «Persuaso che le guide si scrivono precipuamente pel viaggiatore, e ben sapendo che questi nelle città di provincia corre in traccia del meglio, non ho curato nella mia la minuta erudizione, siccome poco importante per esso, e vi ho conciliata la possibile economia di tempo nell’ordinare il giro della città» (p. VI). Grande rilievo è riservato agli scavi archeologici nella zona del Capitolium, conclusi da pochi anni. Alla precisione lineare del Brognoli, interessato perlopiù, alla maniera classicista, alle arti figurative e poco o nulla alle vestigia architettoniche del passato, soprattutto dei “secoli bui”, Sala tiene in gran conto i monumenti medievali, longobardi, romanici e gotici, ovvero di quei periodi della storia dell’arte oggetto di forte rivalutazione nell’ottica romantica.
Nella Guida di Brescia rapporto alle arti ed ai monumenti antichi e moderni di Federico Odorici, pubblicata nel 1853 e riproposta nel 1882, emerge in particolare il pensiero dello storico, la sua visione minuziosa e attenta e l’attenzione al dettaglio, in uno stile fortemente descrittivo-letterario. Soprattutto, per dirla con lo stesso Autore, si evince la volontà di rendere interessante l’immagine di una città attraversata da forti tensioni politiche e sociali. Bandita, dunque, ogni tentazione di ricorrere ai «soliti sommarii di storia patria» dal momento che, particolarmente nelle guide turistiche, «si saltano a pie’ pari», così come ogni attenzione alle «oscure produzioni di qualche scalpello o di qualche imbratta-tele» (p. 2), nella scala di valori dell’Odorici acquistano significato la Pinacoteca, il cimitero Vantiniano, la stazione della via ferrata, alcune raccolte private di quadri. Nella seconda edizione, del 1882, più asciutta rispetto alla precedente e molto più vicina al concetto moderno di guida, compaiono l’erigendo Museo dell’Età cristiana, il monumento ad Arnaldo, la fossa Bagni e i lavori di sistemazione del castello, della cinta muraria e dei viali «a guisa di ameno passeggio» (p. 56).
Di impianto ancora fortemente descrittivo, il volume di Carlo Cocchetti Brescia e sua provincia, terzo volume della Grande illustrazione del Lombardo-Veneto diretta da Cesare Cantù, del 1858, reintepreta con sensibilità romantica e commossa partecipazione le testimonianze storico-artistiche del passato di questa «simpatica città» (p. 176), e rappresenta la fonte principale di riferimento per una successiva, modesta, guida dal titolo Brescia, scritta da Lucio Vero nel 1879.
L’ultima pubblicazione ottocentesca di rilievo, nell’ambito delle guide cittadine, è rappresentata da un insieme di testi, a firma di mons. Luigi Francesco Fè d’Ostiani, preposito della chiesa dei SS. Nazaro e Celso, apparsi dapprima separatamente sulle colonne de Il cittadino di Brescia, e successivamente raccolti nell’opera dal titolo Storia, tradizione ed arte nelle vie di Brescia, in dieci volumetti pubblicati tra il 1895 e il 1905. L’itinerario cittadino è organizzato per parrocchie: ma l’accento è spesso polemico, ed il fatto si spiega con il rammarico provato dall’autore di fronte alla requisizione, operata dall’Amministrazione civica, di tesori artistici tolti dalle chiese per essere portati in Pinacoteca. Come risposta all’anticlericalismo di quegli anni, emerge un giudizio al vetriolo sul monumento ad Arnaldo, frutto di una «ingiusta guerra» contro i cattolici e il clero condotta da «la massoneria e i coscienti e gl’incoscienti liberali» e coronata da un monumento che andava «contro il sentimento dei cittadini che non vollero intervenire nemmeno alla sua inaugurazione» (p. 31).
Il monumento ad Arnaldo, questa volta in chiave rivalutativa, è nuovamente protagonista di un passaggio nel volume sulle Provincie di Bergamo e Brescia di Gustavo Chiesi, pubblicato nel 1898 all’interno della collana La Patria. Geografia dell’Italia: «[Il monumento] nel quale a torto da taluno, con idee troppo restrittive, si volle ricercare solo una manifestazione antireligiosa, è invece nel concetto la sintesi storica d’uno dei momenti singolari e caratteristici attraversati dal pensiero e dalla coscienza umana» (p. 299).
Nuovi strumenti per nuovi viaggiatori
Il passaggio da un secolo all’altro non è solo un mero dato cronologico. Sul modello delle guide Baedeker, praticità e funzionalità diventano rapidamente le nuove parole d’ordine, ed ecco che sul mercato editoriale bresciano si affaccia una guida radicalmente diversa da quelle tradizionali che, fino a quel momento, avevano descritto il volto della città. Si tratta della guida di Arnaldo Gnaga, pubblicata nel 1901 in tedesco con il titolo di Führer durch Brescia, e in traduzione italiana nel 1903. L’elemento caratterizzante è dato dalla concisione delle note storiche e dalla contemporanea presenza di molte informazioni pratiche e spicciole su orari, biglietti, percorsi, dati tecnici (come, ad esempio, quelli relativi all’acquedotto, inaugurato nel 1902).
Il volume intitolato semplicemente Brescia, di Antonio Ugoletti, edito nel 1909, non può essere considerato una guida vera e propria, quanto una monografia storico-artistica sui principali monumenti e testimonianze artistiche della città, corredata da un apparato iconografico di notevole spessore ed articolata secondo un testo non scevro da aspirazioni letterarie. Lo stesso inserimento nella collana Italia artistica dell’Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo, i cui volumi, pregevolmente realizzati, erano tradizionalmente redatti da storici, giornalisti ed intellettuali di chiara fama, colloca l’opera dell’Ugoletti su un piano letterario e culturale di notevole rilievo.
La temperie politica del tempo si coglie attraverso molti passaggi; fra questi, particolarmente interessante è, ancora, la descrizione del monumento ad Arnaldo. Nel clima anticlericale dell’epoca, Arnaldo viene esaltato come l’«apostolo della democrazia e della giustizia», ed il monumento, per il quale vengono spese ben sei righe di descrizione, è illustrato – con un afflato lirico degno di nota - come innalzato ad «onorare la memoria del gran martire», la cui figura, «ergendosi gigantesca dalla caratteristica base, pare sorpassi la montagna retrostante per immergersi nel campo azzurro del cielo» (p. 38). All’opera dell’Ugoletti viene riservata una recensione fortemente negativa sulle pagine di Brixia Sacra del 1911 (fasc. II, pp. 362-364) a firma di Paolo Guerrini, il quale, oltre a commentare, com’era prevedibile, acidamente l’esaltazione di Arnaldo, non mancherà di rilevare puntigliosamente errori e imprecisioni soprattutto nell’ambito della storia ecclesiastica bresciana.
Nelle edizioni successive di Brescia, del 1920 circa e del 1930, curate rispettivamente da Giulio Zappa e Giorgio Nicodemi, il generale mutamento del gusto oltre che della temperie politica e sociale, contribuiscono a sfrondare i toni letterari e ogni volo lirico e a ricondurli all’interno di un’esposizione piana e più puntuale, con soppressioni di intere parti e totale riscrittura di altre, in particolare nelle sezioni riguardanti la storia pittorica del Rinascimento bresciano.
Giorgio Nicodemi, già direttore degli Istituti culturali cittadini dal 1919 al 1927, oltre che curatore, come abbiamo visto, della revisione della terza edizione dell’Ugoletti, è autore a sua volta di una guida, pure intitolata Brescia, pubblicata nel 1921 circa ed inserita nella collana de “Il piccolo Cicerone moderno” degli editori Alfieri e Lacroix di Roma. La guida del Nicodemi non è organizzata secondo precisi itinerari di visita, ma illustra, in capitoli tematici, le chiese, i palazzi, le piazze, le torri, i monumenti commemorativi, i musei e il castello. Il profilo storico della città e dei singoli monumenti è espresso «nella più nitida sobrietà».
La nitida, e compassata ai limiti della concisione, sobrietà della guida del Nicodemi, evidente ostacolo al suo utilizzo come guida vera e propria, vengono superati l’anno successivo da E. Belluschi, imprenditore affermato nei servizi per il turismo e la ristorazione (era comproprietario dell’albergo Igea nei pressi della stazione ferroviaria) ed autore di una agile Guida di Brescia e laghi di Garda e Iseo, del 1922 circa. La guida, che veniva data in omaggio agli ospiti dell’albergo Igea, riprende integralmente, con poche varianti, il testo del Nicodemi (ma senza mai citarlo) integrando, per i monumenti, informazioni come la via e numero civico, e proponendo un utile Itinerario per il visitatore della città, diversificato a seconda che la visita si svolga in uno o in due giorni. Non mancano informazioni pratiche, come, ad esempio, di lasciare «1 lira di mancia» al sagrestano per poter acceder al Duomo vecchio. Alcuni elenchi dettagliati (gli uffici pubblici, le linee dei tram elettrici, i cinematografi, i giornali pubblicati in città e così via) oltre ad essere di indubbia utilità per il turista, rappresentano un’importante fonte di informazione per ricostruire la vita quotidiana a Brescia negli anni Venti del Novecento.
La nuova Brescia
La radicale trasformazione del centro storico imposta dal piano regolatore del 1928, che porta, sotto la direzione di Marcello Piacentini, allo spianamento di un antico quartiere per far posto alla successiva edificazione di Piazza della Vittoria e dei palazzi circostanti, alla demolizione della cerchia muraria veneta e la realizzazione di ampi giardini, nonché ad importanti interventi di risanamento di edifici civili e religiosi, irrompe prepotentemente all’interno dell’impianto descrittivo delle guide turistiche della città a partire dai primi anni Trenta del Novecento, donando all’illustrazione, spesso accompagnata da fotografie, delle nuove realizzazioni architettoniche ed urbanistiche lo status di capitolo a sé stante. L’urgenza di raccontare, al turista ma anche allo stesso cittadino bresciano, gli esiti del rinnovamento del tessuto urbano, risponde pienamente alle esigenze della propaganda di regime.
La preoccupazione è dunque dare conto della repentina trasformazione dalla città, dal passato glorioso alla nuova Brescia. Non a caso, questo è anche il titolo del primo capitolo della fortunata Guida illustrata di Brescia di Oreste Foffa. A metà tra un vero e proprio testo informativo e un breve saggio, la guida, pubblicata nel 1932 e riproposta con aggiunte nel 1935, si dipana tra l’irrinunciabile – ma ridotta ai minimi termini – descrizione dei monumenti e delle testimonianze storiche e artistiche del passato cittadino e l’esaltazione degli interventi conseguenti all’adozione del piano regolatore piacentiniano del 1928. In virtù di quel piano, salutato, stando alle parole del Foffa, con «intimo orgoglio» dai cittadini, questi ultimi non avrebbero rimpianto «l’antico centro cittadino testé demolito, misera accozzaglia di vecchie case malsane, sozze e cadenti, privo affatto d’ogni elemento storico od architettonico che meritasse d’esser conservato» (p. 5). Da Piazza della Vittoria, con la sua monumentalità, prende avvio la descrizione degli interventi, condotti sotto l’egida di Marcello Piacentini, sul centro e le periferie cittadine: palazzi di nuova costruzione, minuziosamente descritti e commentati, caserme, scuole, parchi, magazzini, villette private. Il capitolo dedicato a Templi e chiese si sviluppa tra esito compilatorio dei paragrafi dedicati alle chiese antiche, all’esaltazione retorica e compiaciuta delle chiese di nuova costruzione (pp. 79-81), erette tra il 1920 e il 1929 al di fuori del centro cittadino: S. Maria della Vittoria in via Cremona, S. Maria Immacolata a S. Eustacchio, S. Maria Ausiliatrice nel quartiere Don Bosco.
La guida del Foffa non propone itinerari di visita, ma organizza la materia per capitoli tematici: edifici importanti, templi e chiese, palazzi notevoli, monumenti, fontane pubbliche e private ecc. A completamento, oltre ad uno stradario, anche una serie di «indicazioni utili», ovvero elenchi in cui si spazia dalle chiese, ai teatri, agli uffici pubblici, ai seminari, ai manicomi, agli alberghi, alle scuole, ai clubs, agli archivi e biblioteche, alle banche, ai bagni pubblici e molto altro. Per gli interessati, anche un nutrito elenco di lapidi commemorative.
Nell’alveo tracciato dal Foffa si collocano anche Brescia e la sua provincia di Dino Tedeschi, del 1932-33, e Brescia di Luigi Vecchi, del 1937 arricchita, l’anno successivo, da una seconda edizione riveduta e corretta.
La guida di Tedeschi, che raffigura in copertina il “grattacielo” di Piazza della Vittoria, definisce quest’ultima la «chiave di volta della vita cittadina […] Essa costituisce l’esempio tipico di un monumentale, modernissimo centro cittadino», in netta contrapposizione con Corso Zanardelli, inevitabilmente declassato a «vecchio centro cittadino». Parimenti permeata di spirito fascista è la guida del Vecchi, che si propone al lettore come «un volume di cui forse si era sentita la necessità da tutti». L’intento celebrativo e retorico traspare nella descrizione delle nuove realizzazioni architettoniche, come l’Ossario dei caduti al cimitero Vantiniano e le chiese di S. Francesco di Paola e di Cristo Re, o nel riuso, in chiave fascista, di vecchie reliquie del passato, come il castello, citato nella guida unicamente in quanto sede della MVSN e colonia estiva per i fanciulli, destinati, attraverso la ginnastica e la disciplina comunitaria, a rendere la Patria «più bella e più forte».
Dal dopoguerra agli anni del boom economico, al giorno d’oggi: una città in trasformazione
Gli anni dell’immediato dopoguerra assistono alla pubblicazione di due guide, espressione di tentativi di un ritorno alla normalità e di nuovi progetti di promozione turistica. La prima, anonima, dal titolo Brescia, stampata nel 1949, è racchiusa in un libretto di poche pagine illustrate da fotografie e alcune tavole a colori; verrà tradotta in inglese, francese e tedesco l’anno successivo.
La seconda guida, più interessante, dal titolo Brescia e la sua provincia, stampata nel 1950, è opera a più mani di Leonzio Foresti, Egidio Schiffo, Luciano Imbriani e altri, tutti membri del comitato direttivo della rivista Brescia, pubblicata dall’Ente Provinciale per il Turismo dal 1949 al 1963. Il testo è il resoconto fedele dei danni di guerra e dell’opera, brescianamente «sollecita», di restauro e di ricostruzione dei monumenti cittadini: di molti si riferisce di restauri in corso per ripristinare danni spesso ingenti, come ad esempio, alla chiesa di S. Maria dei Miracoli, o a palazzo Martinengo della Fabbrica, in via Dante. Appare soprattutto ridimensionato il profilo di Piazza della Vittoria, ma senza alcuno spirito di damnatio memoriae, bensì di equilibrato distacco: «Quella Piazza della Vittoria che, nella freddezza delle sue nuove costruzioni, ha segnato una delle prime esperienze della moderna scienza urbanistica nelle antiche città italiane, è una delle meglio riuscite» (p. 1).
Ad un entusiasta Marco Silvan va ricondotta la Guida illustrata di Brescia. Origini, storia, arte, del 1961. Superato l’esempio del Foffa, il concetto di nuova Brescia viene adattato alle importanti trasformazioni urbane in corso di realizzazione al ritmo incalzante del progresso negli anni del boom economico: i quartieri di Porta Trento, Lamarmora, Costalunga, S. Antonio e villaggio Badia, gli Spedali Civili, il seminario, lo stadio Rigamonti a Mompiano; e poi il tracciato di via Panoramica fino a S. Gottardo e i condomini sorti lungo viale Venezia. La nuova città è fatta da «strade immense e colossali palazzi in cemento armato»: questi ultimi non si limitano alle periferie, ma si insinuano «fra le strette vie del centro, portando una nota di allegria, di modernità, di razionalità. Vediamo di fatto qua e là i nuovi condomini, i grattacieli, rompere la vecchia coltre di tegole che dall’alto dava un’immagine tetra e monotona» (p. 7).
Negli ultimi decenni si assiste ad un progressivo, ma rapido, mutamento degli interessi. Accanto ad una guida di carattere generalista, il viaggiatore contemporaneo è, spesso, alla ricerca di una guida tematica, ovvero di uno strumento pratico, completo e costantemente aggiornato su un ambito di interesse specifico: itinerari eno-gastronomici, sportivi, naturalistici, musicali, escursionisti. Non solo, nel seno delle guide tematiche si sono rapidamente formati dei sottogruppi ancora più mirati, di cui si può agevolmente fare qualche esempio significativo anche se non esaustivo: alcune guide propongono itinerari escursionistici per famiglie con bambini in diverse zone del territorio bresciano; altre tracciano percorsi alla scoperta, ad esempio, delle presenze francescane; un filone particolarmente in espansione è quello del cicloturismo, vero paradigma moderno della mobilità quotidiana e turistica. Non mancano le selezioni dei “monumenti da non perdere”, così come proposte interessantissime e singolari - e del tutto fuori da ogni schema - dedicate, ad esempio, a percorsi all’interno della città di Brescia e del territorio, ispirati a pagine della letteratura che hanno contribuito grandemente, attraverso le parole di Foscolo, Manzoni, i memorialisti delle X Giornate, D’Annunzio, Canossi e molti altri, a rendere Brescia una città poetica, e bella*.